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Le difficoltà nel chiedere un supporto psicologico e come la pandemia ha modificato le richieste di aiuto
Il presente articolo, avvalendosi dei dati acquisiti nel corso degli anni 2021/2022, ha l’obiettivo di individuare le possibili motivazioni che spingono le persone a chiedere un supporto psicologico solo dopo più di un anno dalla comparsa dei sintomi del malessere e, prendendo in esame anche l’evidente situazione post-pandemica, si cercherà di identificare se e come il Covid-19 possa aver influito sul dato.
L’articolo che segue nasce a seguito della visione di un dato significativo scoperto in un’analisi qualitativa e quantitativa fatta su alcuni dati raccolti nel corso degli anni 2021/2022. Ma procediamo con ordine.
L’associazione MenteSociale offre a tutti l’opportunità di effettuare uno sportello di ascolto psicologico gratuito dalla durata di un’ora in cui si ha la possibilità di riportare i propri vissuti, le proprie emozioni e i propri pensieri, per i quali si sente l’esigenza di richiedere un aiuto professionale. In questo spazio che viene riservato alla persona, si avrà l’occasione di ideare insieme al terapeuta un percorso psicoterapeutico più in linea con le proprie esigenze.
A seguito di ogni sportello psicologico, MenteSociale acquisisce i dati anamnestici necessari per poter prendere visione nel miglior modo possibile di ogni possibile e futuro paziente. Tra questi, i dati rilevanti ai fini di questo articolo, sono il periodo di insorgenza e/o acutizzazione dei sintomi e l’effettivo inizio del percorso terapeutico dei soggetti. È necessario, qui, fare un piccolo inciso per spiegare cosa intendiamo con insorgenza e acutizzazione dei sintomi: l’insorgenza è il periodo, più o meno specifico, in cui il soggetto riporta la comparsa iniziale dei sintomi; ciò può essere dato da un evento preciso e conscio che l’individuo si è trovato ad affrontare o da un momento che, incoscientemente, ha fatto da evento trigger. Per acutizzazione, invece, si intende il periodo, anch’esso conscio o inconscio, in cui i sintomi del malessere sono acuiti e resi più evidenti.   Nel corso del 2021 e dei primi cinque mesi del 2022, hanno effettuato uno sportello d’ascolto gratuito 71 persone, con un’età media di 32 anni; la maggior parte delle persone che hanno chiesto un aiuto psicologico nell’associazione riportavano di aver avuto l’insorgenza o l’acutizzazione dei sintomi da più di un anno. Riportando più chiaramente i dati riscontrati, hanno dichiarato di aver iniziato a percepire qualche tipo di sofferenza da più di un anno l’83% della popolazione in esame, a fronte del 17% che invece ha riconosciuto in sé una sofferenza da meno di un anno. La variabile “più di un anno” tiene conto di un range temporale molto vasto per cui alcuni potrebbero intendere “da sempre” e altri “dall’inizio della pandemia”. Il fatto però è che, indipendentemente dall’intervallo di tempo all’interno della variabile, un’importante porzione della popolazione totale ha aspettato almeno un anno prima di richiedere un aiuto. Ma perché aspettare così tanto tempo prima di richiedere un aiuto professionale quando il problema non è fisico ma mentale? I motivi che spingono le persone a rimandare la richiesta di aiuto potrebbero essere molti, ad esempio gli stereotipi che circondano la figura dello psicologo (“dallo psicologo ci vanno i matti”), oppure la sottovalutazione della problematica (“è solo un periodo, passerà”, “non ho bisogno di aiuto, sto bene”) o ancora l’evitamento della sofferenza stessa. Per i motivi di cui sopra, e per altre ragioni personali, molto spesso la richiesta di un aiuto professionale potrebbe arrivare solo dopo aver provato altre vie o quando l’insight risulta abbastanza presente da spingere la persona a cercare una soluzione per il suo malessere. Nei dati presentati si è visto che, invece, il 17% della popolazione in esame ha chiesto un supporto psicologico a meno di un anno dalla comparsa dei sintomi. La percentuale, nettamente inferiore alla precedente, fa emergere una parte della popolazione con una consapevolezza maggiore della necessità di richiedere aiuto e che è disposta ad affidarsi più facilmente a chi di competenza. Nello specifico, del 17% della popolazione di cui sopra, abbiamo distinto chi ha chiesto un sostegno presentando i sintomi da più di sei mesi (4%) e chi riporta di averli da meno di sei mesi (13%). Sebbene siano inferiori le persone che chiedono aiuto riscontrando la problematica da meno di un anno, rispetto a chi invece la ricolloca a più di un anno, sono comunque presenti coloro che avanzano la richiesta dopo un tempo minore rispetto all’inizio della sofferenza. Stando ai dati ricavati dalla nostra analisi, sette persone hanno chiesto aiuto a meno di sei mesi dalla comparsa dei sintomi e sei di loro non hanno iniziato nessun percorso psicoterapuetico presso l’associazione. La nostra ipotesi, alla luce di questi risultati, è che le persone aspettano molto tempo prima di richiedere un supporto professionale e iniziare un percorso, e nelle poche occasioni in cui qualcuno chiede un aiuto in tempi relativamente brevi, lo fa per avere un riscontro specialistico senza però avviare subito la terapia.   Come si diceva all’inizio, quando si prende in considerazione la variabile “da più di un anno” - dalla comparsa dei sintomi - non si può non tenere conto che, compresi nel range temporale di quella variabile, ci siano anche gli ultimi due anni di pandemia e post-pandemia. Ossia, non è possibile effettuare un’analisi qualitativa senza ipotizzare come il Covid-19 abbia impattato sul dato. Considerando che i primi dati che si hanno risalgono a gennaio 2021, la variabile “da più di un anno” comprende anche tutto il periodo di pandemia. Quindi a questo punto, la domanda alla quale si cercherà di dare risposta è: il Covid ha fatto sorgere le problematiche sulla salute mentale della popolazione, o ha fatto da trigger per far sì che date difficoltà venissero alla luce e spingessero le persone a chiedere aiuto? Sicuro è che la situazione pandemica che ha colpito l’intero pianeta ha prodotto ampie conseguenze psicologiche su gran parte delle persone, causa principalmente l’isolamento sociale, la paura, l’impatto mediatico. Le problematiche che nel post-Covid sono emerse sono le più disparate, ma stando a diverse ricerche, quelle emerse maggiormente sono i disturbi dell’ansia e dell’umore, un aumento dei sintomi depressivi, dei disturbi del sonno e del comportamento alimentare. Alcune ricerche, come quella di Brescianini et coll. (2020)[1] infatti, riportano che “durante il lockdown sono aumentati i livelli di ansia, depressione e sintomi legati allo stress, soprattutto nei soggetti di sesso femminile”. La ricerca di D’Ambrosi et coll. (2020)[2] ha evidenziato come, soprattutto nel primo periodo di pandemia, gli psicologi abbiano riscontrato un alto numero di richieste di sostegno per ansia e disturbi dell'umore ma anche e soprattutto per la slatentizzazione di problematiche psichiche preesistenti. In linea con la ricerca di cui sopra, lo psichiatra L. Janiri (Montebelli, 2021)[3] ha osservato che su 245 pazienti che avevano diagnosi di depressione maggiore, disturbo bipolare, disturbo d’ansia generalizzato, alcolismo, disturbi psicosomatici, disturbo ossessivo-compulsivo già prima del Covid, hanno riportato un peggioramento a seguito del lockdown e paura dei contagi. Stando alle precedenti ricerche il Covid quindi ha portato ad un peggioramento significativo della salute mentale in tutto il mondo. Alla luce di quanto emerso dai nostri dati e dalle nostre osservazioni, sebbene molti soggetti si presentano allo sportello di sostegno riportando una problematica insorta “a causa del covid”, quello che è successo è che la situazione di pausa scaturita dal Covid ha fatto fermare le persone, le ha fatte mettere di fronte alle loro debolezze e alle loro fragilità, ha dato loro l’occasione di prenderne coscienza e di attivarsi per cercare aiuto e soluzione ai disagi scaturiti. Di conseguenza, la nostra ipotesi è che per far fronte ad una richiesta sempre più maggiore, sarà utile incrementare i servizi di tutela della salute mentale e sensibilizzare quante più persone possibili al tema.

QUESTO ARTICOLO E' STATO SCRITTO DA

Benedetta Piacenti, laureata in Psicologia presso l'Università La Sapienza, e Matteo Screti,  laureato in Psicologia presso l'Università Europea di Roma. Hanno svolto il tirocinio post-lauream a MenteSociale nel 2022.
[1] Brescianini, S., Calamandrei, G., Cirulli, F., Gigantesco, A., Medda, E., Palumbo, G., Picardi, A., Stazi, M.A.,  e Venerosi, A. (2020). Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale, ISS. [2] D’Ambrosi, D., Marciano, R., Paolucci, A., Crescenzo, P., Ferrara, I., & Maiorino, A. (2020). L’impatto psicologico del Covid-19 sulla popolazione: analisi descrittiva delle problematiche psicologiche lockdown correlate Progetto: Sostegno Psicologico #iorestoacasa. Journal of Psychosocial Systems, 4(2), 1–14. [3] Montebelli, M.R., (2021). Le conseguenze della pandemia sulla psiche: dai fattori di rischio a quelli di resilienza.
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