Le recenti notizie di cronaca portano alla luce i comportamenti trasgressivi di molti adolescenti.
Come sempre si cerca di trovare le cause del disagio, ci si interroga su come e perché questa società abbia stravolto radicalmente le naturali tappe biologiche della crescita determinando conseguenze così distruttive e alienanti.
L'uso, anche in età molto giovane, della droga, la mercificazione del proprio corpo in modo sbrigativo e inconsapevole rappresentano il dettato consumistico che rende schiavi dell'apparenza e della fame virtuale di una comunicazione sempre più povera di emozioni e sentimenti. La società liquida perché priva di riferimenti sicuri scioglie ogni resistenza o resilienza individuale, quelle risorse che possono contrastare le avversità e i momenti critici.
In questo contesto i sentimenti non trovano spazio vitale, sono anch'essi "prodotti" da consumare, etichettare e mettere da parte come vuoti contenitori.
La crisi dell'istituzione familiare ha privato i giovani di importanti punti di riferimento che, nel periodo adolescenziale rappresentano modelli da imitare e dai quali trarre validi insegnamenti per il futuro.
Una generazione che guarda solo al presente, al dio denaro che rende felici e con il quale si può trasgredire o annullarsi non è certamente dotata di maturità e consapevolezza se si considerano anche i danni neurologici che le sostanze stupefacenti provocano inibendo lo sviluppo della corteccia prefrontale (area destinata al controllo delle spinte istintuali e alla pianificazione del comportamento).
Le scelte di tanti giovani sembrano dettate dall'impulso del " tutto e ora", agire senza maturare una riflessione o un coinvolgimento intimo.
Manca l'alfabetizzazione emotiva che lega il corpo alla mente e viceversa, quel percorso di conquiste ed errori necessario per crescere e sviluppare autonomia e senso critico. In questo mondo gravido di parole le stesse hanno perso il loro significato, contratte nel linguaggio simbolico della comunicazione tra i pari non esprimono più emozioni ma soltanto azioni, spesso aggressive, segnali allarmanti di una fragilità che si nasconde dietro la corazza dell'apatia o della violenza.
La famiglia e la scuola possono e devono prendersi carico dei segnali di disagio più o meno manifesti, interpretarli significa offrire valide opportunità di crescita.
L'obiettivo comune è quello di restituire ai giovani la dimensione che a loro compete, l'età del passaggio e del cambiamento senza bruciare le tappe per diventare soltanto l'immagine sbiadita di una innaturale metamorfosi. Uscire dal tunnel della violenza dilagante significa ricomporre le tessere confuse di un mosaico, ricostruire il senso e il significato della vita individuale e sociale in un panorama di nuove ed efficaci risorse per l'intera collettività. L'uomo è un animale sociale che ha bisogno di sentirsi parte integrante della comunità per riconoscere in essa le sue radici e la sua vera identità.
Educare ed educarsi significa recuperare un dettato esistenziale necessario alla crescita individuale, una trasmissione culturale in grado di porre rimedio a una mutazione antropologica deviante attorno alla quale si polarizzano lacune educative sempre più gravi.
Le agenzie educative, ora più che mai, hanno il compito di invertire la rotta mediante progetti tesi a implementare risorse, potenzialità efficacia, responsabilità, l'empowerment che lega aspirazioni, volontà autodeterminazione, il processo evolutivo che può contribuire a formare in modo integrale la personalità degli adolescenti.