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Disturbo evitante e schizoide di personalità, caratteristiche e differenze
L’articolo si pone l’obiettivo di mettere in evidenza le caratteristiche e, soprattutto, le differenze che intercorrono tra il disturbo evitante e il disturbo schizoide di personalità.

Possono sembrare simili e, invece, sono diversi nel profondo.
Nel profondo, perché è dove risiede il desiderio e quindi la sofferenza. Entrambi i disturbi sono fatti di isolamento e chiusura e, proprio perchè le similitudini sono solo apparenti, si tratta di due disturbi di personalità definiti in categorie separate.

Ciò che caratterizza queste patologie è la diffusione all’interno della personalità dell’individuo, il loro essere un modo pervasivo di comportarsi e porsi che influenza l’esistenza tutta, ripetendosi in modo spesso inadeguato
rispetto alle circostanze; sono tratti che non si modificano, non elastici al mutare delle situazioni, ma che persistono, quasi ottusi e senza dubbio non adeguati.
Per l’eterogeneità di questi disturbi, la classificazione è stata fatta creando tre classi che racchiudono le distinte ossature del disagio: troviamo disturbi legati a un modo di porsi bizzarro (schizoide, schizotipico, paranoide), disturbi che hanno a che vedere con la sfera emotiva (istrionico, narcisistico, antisociale e borderline) e disturbi connotati dall’ansia (evitante, ossessivo-compulsivo, dipendente).
Ecco, dunque, che l’affezione schizotipica e quella evitante sono in due categorizzazioni diverse.
Per il desiderio frustrato e la sofferenza che l’uno prova e l’altro no.  

Il disturbo schizoide

Il disturbo schizoide di personalità: il distacco, l’emozione che non ha posto, l’affettività che si appiattisce.
Di fronte a una persona che soffre di questo disturbo si può restare sorpresi dalla ‘freddezza’ che traspare, dal disinteresse costante verso ciò che umanamente, di solito, si ha e si cerca ovvero l’altro, il contatto, la comunicazione, la relazione amicale, familiare piuttosto che sentimentale. E’ quasi come se mancasse quella stereotipata scintilla di vita e voglia di essa, che ci fa riconoscere fra noi stessi, qualcosa che ci appare naturale. Solo nell’incontro occasionale e superficiale queste persone possono proporre un’immagine ‘normale’, ma un lieve approfondimento porta comunque alla luce l’inadeguatezza dell’interazione; anche a livello sessuale non vi è alcuna ricerca e questo sorprendere poichè parliamo del modo più ancestrale e necessario di avvicinamento.
Si cercano attività e occupazioni solitarie, la famiglia non è sentita e partecipata come di solito accade, il con-dividere è disturbante dei propri usuali ritmi di ‘quiete’; è presente un non tenere per nulla a far parte del mondo.
Questo modus operandi copre, tra l’altro, la gamma completa delle percezioni e delle manifestazioni, non solo in termini positivi, ma anche in termini negativi: non si riesce a esprimere rabbia o nulla d’altro, come se si fosse nascosti in un luogo lontano, un altrove che non risponde alle regole riconosciute (nemmeno le critiche o la disapprovazione smuovono la persona affetta da questo disturbo).
L’appartarsi perpetuo è un modo per allontanarsi da una realtà che viene vissuta come intrusiva; vi è la presenza di una totale anedonia (l’assenza di quella ricerca istintiva delle mille e più forme di piacere che inseguiamo per dare alla nostra vita dignità e sollievo). 

Il disturbo evitante

Anche l’individuo affetto da disturbo evitante di personalità lo troverete probabilmente chiuso nella propria stanza, ma per altro motivo: il rifiuto.
Tendono con forza all’altro, a partecipare pienamente, ma non riescono: è presente il timore di non essere accettati, la visione catastrofica di sé e del proprio valore, l’insopportabile idea di non essere adeguati; tutto questo paralizza totalmente questi individui.
Il coinvolgimento li fa letteralmente fuggire, con una disperata coda di depressione: si scappa da qualcosa che (si teme) mostrerà il proprio non essere all’altezza di, che esporrà alla derisione, a una pochezza presunta e che viene letta negli occhi degli altri.
La perenne vergogna che prova e la consapevolezza della propria prigione, assieme alla sofferenza dell’essere soli, fa di questo disturbo una gabbia estenuante in cui sopravvivere; si teme costantemente di essere inferiori, ci si esclude e si è convinti di essere ‘diversi’, una diversità irrecuperabile.
Spesso questo tipo di personalità si riscontra in chi, da bambino e nell’adolescenza, ha avuto intensi vissuti d’ansia, una sorta di continuum, uno sprofondare.

BIBLIOGRAFIA

  • DSMI IV-TR
  • "Pazienti trattabili e non trattabili. I disturbi di personalità", Michael H. Stone , Cortina 2007.
  • http://www.oasiblu.com/personalita.htm
  • http://www.ipsico.org/disturbo_evitante_di_personalit%C3%A0.htm
  • http://www.terzocentro.it/index_file/Evitante.htm
  • http://www.psicologiapsicoterapia.com/personalita/evitante.htm
  • http://www.clinicadellatimidezza.it/a_i/disturbo_evitante_personalita'.htm
  • http://www.psicologiapsicoterapia.com/personalita/schizoide.htm
  • http://www.ipsico.org/disturbo_schizoide_di_personalit%C3%A0.htm
  • http://it.wikipedia.org/wiki/Disturbo_schizoide_di_personalit%C3%A0

 

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