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Il disagio letto dagli studenti. Da una ricerca condotta in una Scuola Secondaria di I° Grado
il presente articolo intende presentare una ricerca-azione condotta all’interno di una scuola secondaria di I° grado, e fornire alcune definizioni in merito al concetto di disagio e di disagio scolastico.
Un problema presente nel nostro sistema sociale-educativo è relativo ai tanti casi disagio scolastico, dovuto a differenti eziologie che alcuni adolescenti vivono.
Il termine
drop out fa riferimento a coloro i quali mettono in atto modelli comportamentali che portano a un allontanamento dalla società cui appartengono.
In ambito educativo si riferisce agli studenti che abbandonano la scuola prima di aver completato un percorso formativo.

METODOLOGIA DI RICERCA  

I metodi utilizzati sono stati di tipo quantitativo e di tipo qualitativo. Il primo ha compreso l’analisi del fenomeno, mediante lo strumento del questionario anonimo, mentre nell’ambito del metodo qualitativo si è data grande importanza all’intervista rogersiana, all’osservazione e all’introspezione, alla narrazione autobiografica che, collocandosi  all’interno del pensiero narrativo, costruisce il sé presentato attraverso una prospettiva e un punto di vista che resta stabile e contemporaneamente mutevole nel tempo lungo un “filo rosso” che ne marca i tratti fondamentali, gli impegni e le credenze di fondo (Mantovani).
L’introduzione ha come obiettivo quello di riportare integralmente l’interpretazione del disagio in una visione generale, e del disagio scolastico nello specifico, specialmente in studenti svantaggiati dal punto di vista sociale e disadattati dal punto di vista scolastico.
L’ipotesi di partenza della ricerca-azione è stata quella di rilevare la sofferenza del disagio nei soggetti drop out a seguito delle domande riportate in grassetto, con lo scopo di delineare interventi metodologici utili a prevenire e a contrastare le differenti forme di disagio emerse.
N.B Le risposte degli allievi non hanno subito modifiche, sono state riportate fedelmente, utilizzando lo stesso linguaggio degli allievi.
Sono stati utilizzati nomi fittizi, per la tutela della privacy.
 

Intervistatore:
Cosa ti fa venire in mente la parola disagio?  
Andrea: la parola mi fa venire in mente quando sei in difficoltà, quando hai dei problemi, il disagio di non entrare nel gruppo della scuola, quando sei nervoso;  
Simona: io provo disagio quando le mie amiche, mentre parlano con me, vanno da altre ed io sento un vuoto dentro;  
Luca: per me il disagio è dei ragazzi che vanno dove vogliono senza pensare, perché hanno dei problemi;  
Giulia: il disagio per me è quando vado ad un compleanno e tutti   mi guardano, perché io sono la più strana di tutti;  
Alberto (affetto da ritardo psicomotorio): il disagio per me è quando un ragazzo ha il sostegno a scuola, quando ha problemi mentali;  
Carmine: il disagio si ha quando qualcuno non si sente a proprio agio perché gli altri lo prendono in giro;  
Rosa: Il disagio è una specie di male che ci portiamo dentro;  
Adelaide: Il disagio per me è associato alla vergogna, quando sono a casa di qualcuno non mi sento come a casa mia.  

Intervistatore:
Cosa significa per te la parola disagio scolastico?   Manuela: è un non stare bene nella scuola e non avere attrezzi giusti per affrontare una vita scolastica, ad esempio la palestra non agibile etc.;   Doriana: per me significa disturbo da parte dei compagni, meglio chiamati bulli;  
Nicola: pensare che i professori abbiano delle preferenze e proprio tu sei quello antipatico;  
Alessandro: è quando un ragazzo non sta bene con i compagni, con i professori e penso che possa scaturire anche da problemi familiari;    Roberto: è un non stare bene con i compagni di classe;  
Francesco: significa non stare bene con i professori e con i compagni;   Tiziana: non essere all’altezza, sentirsi esclusi da tutto e da tutti;  
Marisa: è un non stare bene con un amico o con un’amica, ma anche con i propri genitori;  
Rosa: la mia altezza, perché sono troppo bassa;  
Eugenio: quando un alunno non si trova a proprio agio in una determinata classe o con una determinata professoressa.  

I ragazzi di cui
sono state riportate le dichiarazioni non sempre frequentano la scuola, talvolta la marinano non perché vogliono andare ad acquistare capi firmati, ma perché devono dare una mano in casa, devono accudire i fratelli più piccoli e probabilmente sono anche obbligati ad aiutare un padre alcolista, che finisce per dormire sul marciapiede.
Se poi a scuola si trovano dinanzi a coetanei agghindati, oppure al cospetto di precettori che, con tono astioso, proferiscono giudizi inopportuni, reagiscono in maniera aggressiva come risposta al senso di inadeguatezza sociale che percepiscono.

Allora sì che lo stato d’animo di questi ragazzi diventa instabile e irrequieto:
preferiscono fuggire da una realtà che non li accoglie, ma soprattutto che non li ascolta, cercando riparo e compensi supplementari in un mondo in cui si può essere anche validi paladini.
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