{tab=Recensione}
“Mi dispiace, ma sei troppo strano”. Questa risposta, brutalmente sincera, è tutto ciò che il timido Ben ottiene dalla sua compagna di catechismo, dopo averle letto, tra ansie e timori, la poesia che le ha dedicato. La medesima risposta che la comunità in cui Ben vive gli ha sempre riservato. Un oggetto misterioso. Questo è Ben in virtù della sua straordinaria, ingenua sensibilità che la società, con tutti i suoi dogmi e precetti moralistici, non comprende e quindi emargina. Emarginazione patita anche in famiglia, tra una madre dispotica e bigotta all’isterica, quanto ipocrita, ricerca di gente da aiutare in nome della sua “devozione” a Dio, e un padre pastore anglicano che con i suoi silenzi e la sua rassegnata indulgenza, rappresenta l’emblema di quella sconfitta e sofferenza interiori cui anche suo figlio sembra essere destinato. A scuotere la desolata esistenza di Ben arriva un’anziana attrice di teatro di nome Evie. Irriverente, testarda, volgare persino, eppure dotata di un’anima appassionata e poetica con la quale Ben entra immediatamente in sintonia. Con Evie vivrà una “lezione di guida” lunga un intero viaggio, tra esperienze bizzarre e “prime volte” emozionanti, nel quale il diciassettenne Ben vedrà aprirsi le porte dell’emancipazione e della maturità. Rupert Grint e Julie Walters, coppia ormai affiatata dopo anni passati insieme sui set della saga di Harry Potter, interpretano al meglio il faccia a faccia fra l’alienazione e i dubbi della post-adolescenza, e le false certezze preconfezionate dal mondo degli adulti. In viaggio con Evie riesce a mantenersi unico nel suo genere, avendo il coraggio di affrontare questo tema da una prospettiva originale e, per diversi aspetti, ancora tabù (il contrasto tra una spiritualità sincera e profonda e una religiosità bigotta che di spirituale non ha nulla), grazie alla sceneggiatura priva di buonismi e clichè dell’esordiente Jeremy Brock.
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Regista: J. Broke
Anno di produzione: 2006
Produzione: Gran Bretagna
Durata: 98 minuti
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